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Papa Francesco ci ha fatto visita
01/06/2016

PAPA FRANCESCO CI HA FATTO VISITA 

Grazie papa Francesco. Con il tuo primo viaggio in Africa, lo scorso novembre, hai fatto visita anche a noi. No, non stiamo sognando, e la verità.

Le tue parole, e forse ancor di più i gesti, non sono rivolti soltanto ai nostri fratelli e sorelle africani, li hai indirizzati anche a noi.


A Kangemi, baraccopoli di Nairobi (Kenya), hai elogiato la saggezza che nei quartieri popolari si esprime nella «so|idarietà, nel dare la propria vita per l’altro, nel preferire la nascita alla morte, nel dare una sepoltura cristiana ai propri morti. Nell’offrire un posto per i malati nella propria casa, nel condividere il pane con l'affamato, la pazienza e la forza d'animo di fronte alle grandi avversità».

E hai aggiunto, ne siamo convinti, con uno sguardo rivolto a noi: «Valori che si fondano sul fatto che ogni essere umano è più imponente del dio denaro». Grato ai poveri di Kangemi, hai concluso: «Grazie per averci ricordato che esiste un altro tipo di cultura possibile».

Nella sede delle Nazioni Unite della capitale kenyana, alla vigilia della Conferenza di Parigi (COP21), sei andato al sodo, ricordandoci che ci cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche... e una delle principali sfide attuali per l’umanità». Hai invocato una inversione di marcia verso un modello di sviluppo più equo e sostenibile, e un «sistema energetico che dipenda al minimo da combustibili fossili, punti all'efficienza energetica e si basi sull’uso di energia a basso o nullo contenuto di carbonio».

II tuo appello chiama in causa prima di tutti noi abitanti del nord del mondo che insieme ad altre nazioni industrializzate più inquinano il pianeta. Nostra la maggiore responsabilità sui danni causati dal cambiamento climatico ai paesi poveri, i quali meno contribuiscono all’emissione di gas a effetto serra.

Nella visita ai Centrafrica, teatro di una guerra civile iniziata per la conquista del potere e delle ricchezze, e trasformatasi in conflitto religioso, ti sei presentato come messaggero di pace. Disarmato, senza giubbotto antiproiettile, su un‘auto aperta ti sei recato al Km5, zona musulmana della città, varcando tu per primo una soglia fino ad allora insuperabile per i cristiani. Entrato nelle moschea hai chiamato «amici» i fedeli dell'islam e sottolineato che ccristiani e musulmani siamo fratelli». Hai invitato i credenti di diverse religioni a dire «no all’odio, no alla vendetta, no alla violenza, in particolare a quella perpetrata in nome di una religione o di Dio, Dio e pace, Dio salam».

Il tuo invito e anche per noi in Italia dove abbondano coloro che non vogliono sentir parlare di dialogo interreligioso, di incontro con l’islam. Evocano lo spettro dello scontro di civiltà, il tramonto dell‘Occidente e paventano il pericolo della islamizzazione. E non mancano i politici che per rastrellare qualche consenso elettorale in più, sbandierano la “lotta al terrorismo', naturalmente islamico, per instillare nella gente sentimenti islamofobici.

Con un gesto profetico, e senza precedenti nella storia millenaria della Chiesa, hai caparbiamente voluto sbarcare a Bangui per aprirvi la Porta santa della cattedrale e dare così inizio anticipato all’Anno santo della misericordia. Dalla «capitale spirituale della preghiera, della misericordia e della pace», hai evocato l’immagine di una «Chiesa-famiglia di Dio, aperta a tutti, che si prende cura di coloro che hanno più bisogno». Lo hai detto anche per noi abitanti dell'Europa “cristiana” dove si ricostruiscono muri e si innalzano di nuovo barriere di filo spinato per respingere uomini, donne e bambini in fuga da guerre, dittature e calamità. Quella Porta santa della cattedrale l’hai aperta per noi perché impariamo ad accogliere i profughi «la carne sacra di Cristo», secondo le tua parole.

Nel tuo prossimo viaggio in Messico e altrove nel mondo, non smettere, Francesco, di visitarci con parole e gesti capaci di scuoterci dal nostro torpore e spronarci a prendere più seriamente l’impegno cristiano, nell'ascolto del grido dei poveri e della Terra.

Grazie papa Francesco.

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